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Sottrazione di soggetti incapaci .

Chiunque sottrae un minorenne di 14 anni, o un infermo mentale, al genitore esercita la potestà dei genitori, al responsabile, o al curatore, o a chi ne abbia il controllo o la custodia, ossia lo considera contro la volontà degli stessi, è perseguito tramite querela del genitore che esercita la potestà dei genitori, del responsabile o del curatore, con l arresto da uno a tre anni.

Alla medesima condanna è sottoposto, tramite querela dei medesimi soggetti, chi sottrae o trattiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza la sua autorizzazione per scopo differente da quello di libidine o di matrimonio.

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Questo reato si distingue da quello antecedente in quanto l autorizzazione o la contrarietà del minorenne non hanno rilievo, visto che egli è non è capace di dare un valido parere, e quindi si presume che non sia del tutto capace di considerare il rilievo e gli effetti derivanti dall evento.

È da considerare che la sottrazione del minorenne determina un offesa che non si limita soltanto alla persona che esercita la patria potestà, ma che riguarda l intera famiglia, e tutta la sfera dei suoi interessi sociali, morali ed affettivi. Comprendere la sottrazione di minorenni all interno dei diritti contro la famiglia, lontano dall essere una distinzione soltanto formale, trova una corrispondenza reale nella natura e nella estensione dell offesa.

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Se questa tuttavia deve considerarsi tale da oltrepassare il limitato interesse relativo all esercizio della patria potestà, ne deriva per forza una differente rispondente estensione della soggettività passiva, con l inserimento pure dell altro consorte, il quale, designato della patria potestà pur non esercitandola allo stato attuale, non può in questa circostanza essere escluso dal ruolo di rappresentanza della famiglia e dalla difesa dei suoi interessi.

Elemento giuridico: è il sostegno familiare, considerato come diritto e facoltà dei genitori di educare, formare ed istruire la prole contro qualunque azione commessa da qualsiasi soggetto che, contro il consenso dei genitori, sottragga o trattenga il minorenne incapace. Persona attiva: il reato è comune, poiché il termine chiunque così lo connota.

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Per la giurisprudenza maggioritaria, persona attiva può essere pure un consorte, che commette il reato nei riguardi dell altro consorte, dal momento che, in assenza di determinata procedura giudiziaria che assegni i figli ad uno dei genitori, con relativo preventivo esercizio esclusivo della potestà genitoriale, ambedue i consorti sono contitolari delle facoltà e degli obblighi regolamentati dal nuovo art. 316 c.c.

La dottrina, mentre, sostiene l esclusione del reato nella circostanza di sottrazione dell incapace da parte del genitore. A sostenere siffatto orientamento che nega la presenza del reato, si ritiene soprattutto che la condotta di disposizione del minorenne da parte di un genitore non rappresenterebbe che una delle eventuali esercitazioni della potestà di cui è contitolare, e che una qualsiasi convergenza con le intenzioni dell altro genitore non basterebbe quindi ad attribuire all agente la qualifica di persona attiva del reato di cui all art. 574 c.p., né a classificare come sottrazione di minorenne la sua condotta.

Altro orientamento sostiene, mentre, che la contitolarità della potestà non può ottenere le caratteristiche di un diritto di disposizione da espletarsi in maniera disgiunta sul minorenne da parte dei genitori. Dall analisi del codice civile, risulta che la prima regola è l esercizio di comune intesa ex art. 316 c.c., che in circostanza di conflitti tra i genitori su problemi di grande rilievo si possa convocare in maniera informale il giudice e che, in circostanza di abuso della potestà e della trasgressione dei doveri ad essa connessi, il giudice possa punire il genitore con la sospensione dalla potestà.

Il giudice, altresì, può prendere tutti le misure utili ex art. 333 c.c., (86) che derivano dal comportamento pregiudizievole nei riguardi della prole da parte del genitore. La valutazione di questa normativa caratterizza la sussistenza di rimedi in ambito civile che aiutino nell ipotesi di uso improprio dei poteri attribuiti dalla contitolarità della potestà.

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Qualora tuttavia questi poteri fossero usati con evidente abuso, si realizzerebbe il comportamento perseguito dall art. 574. c.p. Sembra dunque che la legge abbia voluto conservare due livelli di tutela per due differenti tipologie di circostanze, e che la normativa penale venga attuata per un comportamento più riprovevole.

Persona passiva: può essere sia la madre che il padre. (88) Una volta il reato si riconosceva alla madre che avesse sottratto il figlio al padre che esercitava la patria potestà (89) o al padre che, privato del suo esercizio, avesse sottratto il figlio minorenne alla madre messa al suo posto. Dopo la riforma, la potestà è espletata da entrambi i genitori in comune intesa, ex 316 c.c. comma 2. (90)

Quindi il reato si concretizza sia nell ipotesi in cui si trasgredisce la comune intesa senza riferirsi a livello preventivo al procedimento prescritto dal comma 3 dell art. 316 c.c., sia nel caso in cui un genitore, privato dell esercizio della potestà, sottragga il minorenne all altro coniuge che la esercita. Difatti, l utilizzo legittimo dei diritti riconosciuti dalla titolarità dell esercizio in comune è soltanto quello che non cozza in nessuna maniera con l uguale diritto dell altro genitore, e che concretizza in pieno il criterio di conduzione comune della potestà.